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  • Immagine del redattoreElisa Maiorano-Driussi

La storia della ragazza che aveva iniziato a dire NO

Nella mia vita per destino, necessità lavorative, ma anche curiosità, ho conosciuto persone di tipo diverso.

Certo, siamo tutti unici, preziosi e ognuno ha i suoi pregi e i suoi difetti. Ognuno è fatto a modo proprio insomma.

Però è anche vero che vi sono alcune tipologie di persone che sembra quasi ti "rincorrano" per gran parte della vita o che ogni tot si ripresentino.

E lo fanno fino a quando tu non devi imparare qualcosa dalle situazioni. E fino a quando non l'hai fatto al 100%, una parte di esse continuerà a fare capolino in un modo o nell'altro nella tua vita.


Ti racconto una storia.


C'era una volta una ragazza di buon animo che aveva sofferto tanto proprio perché "troppo buona". E più era buona, più le persone attorno a lei se ne approfittavano. Quando lei se ne accorgeva - chiaramente ormai quando era troppo tardi - ci rimaneva sempre male, soffriva sempre di più e, invece di capire come potesse fare per ovviare a errori di valutazione nelle richieste delle persone, continuava a dare, dare, dare, affinché gli altri la accettassero.


Questo modello di comportamento si reiterò per parecchi anni, fino a quando - un bel giorno - ebbe un suo momento "AHA!", ossia uno di quei momenti rivelatori, quei momenti che si presentano poche volte nella vita e che sono opportunità alle quali non si può rinunciare.


A lei piaceva pensare che quei momenti fossero quasi dei portali magici su altre dimensioni. E in questo caso la dimensione era un altro tipo di vita per lei, con relazioni più autentiche e con un sé da esprimere pienamente, senza sentirsi sempre di meno.


Cosa successe?


Durante il suo momento "AHA!" la ragazza ebbe la certezza che era arrivato il momento di farsi valere. Sapeva però che doveva farlo nel modo giusto: con gentilezza e fermezza.


In una parola: con assertività.


Da quel momento in poi, cominciò a rispondere alle richieste degli altri con il "no". All'inizio erano molto flebili, più tardi diventarono dei "NO" convinti e fermi.


Ma rispondeva sempre "no"? No. Spesso si sentiva dire ancora "sì, certamente". La differenza era però che, ora, i "sì" erano detti con cognizione di causa, perché si guardava dentro attentamente e si chiedeva come rispondere.


In questo modo, sia i "sì" che i "no" cominciarono a cambiare, a plasmare la sua vita.


Alcune persone non erano assolutamente abituate a sentirla rispondere in un certo modo. Così, facevano il muso, rispondevano male... o scomparivano del tutto, non trovando più un appiglio in lei.


La ragazza si sentiva in colpa a volte? Sì, certamente. Solo all'inizio però... perché ogni qualvolta ascoltava la sua voce interiore, la sua autenticità, il suo vero modo di essere, il suo mettere i paletti perché magari aveva qualcosa di più prioritario da fare per se stessa, lei si sentiva una persona nuova.


All'inizio fu sicuramente difficile accettare il comportamento anche astioso a volte delle persone alle quali diceva "no". Come ogni tanto doveva ancora imparare che alcuni "sì" che erano usciti dalla sua bocca, l'avevano fatto per le ragioni sbagliate: principalmente per sentirsi accettata dagli altri.


Per essere la "brava bambina" che i suoi genitori e parenti adoravano. Per essere "la dolce ragazza" che tutti avevano imparato a conoscere negli anni.


Quella "brava ragazza" che però doveva soffrire in silenzio, se no era etichettata come "troppo sensibile".


Quella "brava ragazza" che, quando le capitava di esternare il suo dissenso per qualcosa, o perché era al limite, o perché non sopportava il dolore che aveva accumulato nel tempo, era etichettata anche come "isterica".


Con il guardarsi dentro, il lavorare su se stessa, sul suo valore, sulla sua autenticità e a suon di "no" e "NO" e di assertività, quella ragazza si liberò strato dopo strato - quasi fosse una cipolla - di "sì" accumulati, di vergogne nascoste, di dolore represso, di rabbia che aveva ribollito per anni.


A volte il processo era doloroso, la spaventava, ma rimanendo salda nel suo intento, l'autenticità e il suo vero valore venivano espresse al mondo nel migliore dei modi.


In questo modo, un altro tipo di persone si avvicinarono: quelle che facevano per lei, la sua "tribù", quelle che la accettavano per come veramente era, per i suoi lati positivi e quelli bui.


Relazioni autentiche, forti. Nelle quali l'esprimere la propria verità interiore non era un tabù o un errore, ma un qualcosa che poteva arricchire ognuno.



 

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